Cultura diffusa – Alla scoperta del Piemonte

È di questi giorni il meritatissimo riconoscimento dei Musei Reali di Torino come polo culturale di primo livello, equiparato a Uffizi, Colosseo e Reggia di Caserta. In una regione di straordinarie bellezze naturali, che si accompagnano a un vastissimo e affascinante patrimonio artistico, dove il turismo si è fatto largo con meno clamore (e meno travisamenti), siamo di fronte a una dichiarazione di estremo rilievo.

Non si sa perché, il Piemonte è stato da sempre considerato forse meno attrattivo, almeno in certe frettolose narrazioni pubblicistiche. Sconta diciamo la sua indole un po’ burbera e dimessa. Non è un territorio che si rivela al primo passaggio né si concede agli sguardi superficiali. E ciò, a mio avviso, costituisce un punto di grande forza.

Questa indole la si comprende molto bene in un confronto fra la montagna piemontese e quella trentina. Al di là dei caratteri regionali diversi, che hanno comportato scelte e orientamenti in molti casi opposti, il Trentino è per larga parte un’affascinante e ordinatissima cartolina. Entrare di sera in Val di Fassa con la luce radente che accende le Dolomiti sullo sfondo è qualcosa che ti resta per la vita. La differenza che rilevo non riguarda dunque il paesaggio, suggestivo nei due luoghi, ma i caratteri degli abitati che si sono voluti conservare o a cui si è deciso di rinunciare. In Trentino trovo magari una sola baita con le vecchie travature nel centro di un paese, un miracolo risparmiato dalla foga della ristrutturazione, attorniato da alberghi moderni con servizi al top che però finiscono col togliermi qualcosa dell’intimità del posto. Mentre in quei pochi metri fra i muri cadenti e il legno disfatto amo passare più tempo che altrove, proprio perché lì finalmente il luogo mi parla.

Quando si arriva in alcune borgate del Piemonte, capita di metter piede in un ambiente fermo nel tempo, talora di rifugi cadenti – anche spopolati, e questo può essere pure un problema o forse no – ma ancora si osserva un ambiente alpino con i suoi caratteri di un secolo fa. E non è una montagna facile da capire, perché non ci sono canoni prestabiliti, riferimenti esatti e già noti. È la bellezza difficile di cui parlava Sciascia, quella che non si offre in modo scontato. Una bellezza tacita, che ti cade davanti improvvisa e coglie impreparati.

Nel marzo di quest’anno la Fondazione CRC, attiva in tanti progetti di altissima qualità per la tutela, lo studio e la fruizione dei beni culturali della provincia di Cuneo e, in generale, della regione, ha festeggiato il suo anniversario. È stata l’occasione per omaggiare figure di spicco che molto si sono spese per portare a conoscenza e comunicare le bellezze piemontesi, oltre l’ambito locale. Così Daniele Regis (Politecnico di Torino) in uno stralcio del discorso commemorativo: «Altri primati ci vengono universalmente riconosciuti (ma dimenticati da tutte le politiche europee sino all’ultimo PNRR) come l’eccellenza del patrimonio artistico, architettonico paesistico, demo-antropologico, agroalimentare, artigianale e naturalmente archivistico. Ai siti Unesco delle residenze Sabaude di Racconigi e Pollenzo e Grinzane, dei paesaggi vitivinicoli di Langhe, Roero e Monferrato, dei siti palafitticoli preistorici alpini, solo per restare alla meravigliosa provincia di Cuneo, per non parlare dei parchi delle Marittime e Gesso, corrisponde la rilevanza di un patrimonio diffuso senza eguali. E non parlo solo dell’architettura, del barocco che aveva sedotto l’americano Millon come Paolo Portoghesi, che ha dedicato le sue energie più belle nel suo indimenticabile libro molto fotografico sulle opere di Vittone nelle campagne piemontesi […] e ricordo la mostra fotografica sul barocco promossa da Viale degli anni Sessanta che aveva avuto 100.000  visitatori – o del neogotico oramai assurto, grazie al progetto CRC, ad assoluta rilevanza internazionale (con la benedizione di A. G. Dixon). […] Ma mi riferisco ancor più al patrimonio diffuso, che Pellegrino ha cantato in tanti libri, della montagna un tempo antropizzata, rimasta  intatta nei suoi abbandoni (e per questo così ricercata dagli stranieri stanchi delle ultra turisticizzate Alpi del nord-est), costruita dalla fatica di generazioni, raccontata in tanti suoi volumi stupendi». (Cuneo, 24 marzo 2023)

Tante sono state le progettualità messe in campo anche durante la pandemia. Campagne fotografiche estese, studi archivistici, catalogazioni imponenti, incontri e scambi che hanno tenuto nonostante politiche dissennate di chiusura. Certi atteggiamenti di intolleranza legati agli ultimi anni, aggravati da un serpeggiante dissidio sociale che ha visto scontrarsi proprio nel mondo della cultura persone animate da idee diverse e contrarie all’eccesso dei provvedimenti emergenziali, hanno finito con l’oscurare la genuinità e la bellezza di molte delle iniziative che si sono tratte in quel periodo. Non dimentico alcuni (indecenti) attacchi ad personam oltre al diniego da parte di taluni media di dare notizia di pubblicazioni e nomi di studiosi che avevano preso le distanze dalle politiche governative ispirate da austerità e autoritarismi sanitari. E questi sarebbero stati i ‘valori socialisti’? Comportamenti strumentali per intestarsi meriti valendosi del lavoro altrui, profittando delle condizioni di disagio dei singoli. Una cosa davvero gravissima da chi si dica artista o da chiunque abbia incarichi di ricerca.   

Allora, siamo felici di riprendere le fila di tante cose che ci hanno sostenuto e accomunato in un lasso di tempo difficile. Sui temi salienti di questi nostri studi siamo tornati nel corso delle ultime settimane per una lettura in chiave economica – con le crescenti sfide che ci pone e impone una nuova gestione economica – in un lungo saggio che uscirà a giorni. Abbiamo pertanto parlato di progetti diffusi, non solo in Piemonte ma anche in altre aree d’Italia. E di come il museo, assai più di altre istituzioni, abbia la possibilità e la responsabilità in questo momento storico di definirsi come interprete di dinamiche e tendenze innovatrici che sappiano fare la differenza in termini di modelli educativi e ricadute territoriali.

Benvenuto, Piemonte, dunque! E benvenuta sia una ritrovata capacità dinamica e progettuale che scardini certe ritualità puramente ideologiche e consequenziali impaludamenti del mondo culturale.

Pratonevoso – Artesina

Storica Libreria La Montagna – Via Sacchi – Torino

Celebrazioni del barocco piemontese (2020)

Venaria Reale – Il Parco

* Fotografie di Claudia Ciardi ©

Arte salvata, arte liberata

Ultimi giorni per visitare la mostra sull’arte liberata a Roma. Un imponente allestimento nelle sale delle Scuderie del Quirinale dedicato ai capolavori strappati alla barbarie della guerra. La storia di donne e uomini coraggiosi quanto generosi che profusero tutte le loro energie per salvare il nostro patrimonio culturale. Protagonisti di leggendari e rischiosissimi trasferimenti realizzati in tempistiche impossibili, con scarsità di personale e di mezzi, nella continua incertezza di uno scenario mutevole che celava insidie sempre nuove. Validi organizzatori, instancabili.

Sono qui riuniti i grandi nomi della storia dell’arte. Per citarne solo alcuni, Piero della Francesca, Guercino, Francesco Hayez, Hans Holbein, Lorenzo Lotto, Luca Signorelli, Paolo Veneziano.

Una cospicua presenza di autori provenienti dalle pinacoteche marchigiane ci aiuta a comprendere l’estensione e la diffusione della nostra arte. Giovanni Baronzio, Olivuccio di Ciccarello, Allegretto Nuzi ne attestano la potente capillarità. Tesori immensi sparsi in ogni provincia che rendevano arduo selezionare, accordare una priorità, decidere cosa fosse più importante salvare e cosa no – le Marche che molto hanno contribuito alla realizzazione di questo evento, sono state una delle principali mete cui avviare il ricovero delle opere da sottrarre alle incombenti distruzioni.

Per me anche un legame che si è idealmente rinnovato dall’incontro con le collezioni di Palazzo Buonaccorsi a Macerata all’inizio di quest’anno. Voltarmi e trovarmi all’improvviso di nuovo davanti a un’opera di Carlo Crivelli è stata un’emozione indescrivibile.

Carlo Crivelli, Secondo trittico di Valle Castellana, 1472 circa (dettaglio),
in prestito dalla Pinacoteca civica di Ascoli Piceno
Guardate quanto amore in queste espressioni e nei gesti /
Castello di Montegufoni, agosto 1944
Luca Signorelli, Crocifissione di Cristo (1500-1505, circa), in prestito dagli Uffizi

C’è una considerazione che letteralmente tallona il visitatore per l’intero percorso della mostra: “Cosa abbiamo rischiato!”. Il mio incontro con le fotografie delle opere d’arte per così dire trincerate, all’inizio del secondo conflitto mondiale, risale alle lezioni del liceo. Ricordo la mia professoressa che, mentre ci mostrava le lugubri riproduzioni in bianco e nero delle armature costruite intorno alle statue, scuoteva la testa dicendo: “Possibile mai che un paese come il nostro, con il patrimonio artistico che possiede, entri in guerra?”. Ecco, appunto, cosa abbiamo rischiato…

E come non pensare di nuovo alla Triennale di Milano del 2018-2019 dedicata alle distruzioni, dove il pubblico veniva accolto da un grande pannello in cui si elencavano i danni di guerra; un’impressionante quantificazione del patrimonio perduto.

Per la presente rassegna sono stati scelti dei fondali di legno che volutamente riproducono e ricordano le casse d’imballaggio dove i nostri capolavori sono stati deposti, trovando ricovero.

Non solo quadri e statue ma anche libri. Emblematico il caso della collaborazione fra l’inesauribile Fernanda Wittgens e la collega Mary Buonanno Schellembrid, direttrice della Braidense, impegnate nella messa in sicurezza del catalogo generale per autori della biblioteca. Intrecci femminili dove si stagliano figure volitive che rasentano la sfrontatezza – qualità in tal caso più che positiva, sollecitata dall’emergenza. La già citata Wittgens, e la fascinosa ma altrettanto risoluta Palma Bucarelli che, a bordo della sua mitica Topolino, scortava i convogli con le opere d’arte da trasferire, o ancora Noemi Gabrielli, una minuta ma coriacea signora di Pinerolo sulle cui spalle gravò la responsabilità di buona parte delle operazioni piemontesi per conto della Galleria Sabauda e dell’Accademia Albertina. 

* Fotografie di Claudia Ciardi ©


Arte liberata, 1937-1947. Capolavori salvati dalla guerra – Scuderie del Quirinale, Roma (16 dicembre 2022 – 10 aprile 2023)

Mito e trascendenza in H. Broch

L’epica antica accordata alle cadenze della letteratura tedesca del Novecento, passando a volo radente sui picchi monumentali di James Joyce. Questo è per sommi capi il Virgilio di Hermann Broch, destinato a trasformarsi in uno dei più complessi esperimenti sulla parola. Il commiato di un poeta che quasi indugia in una lunga seduta analitica, che è pure un trattato filosofico sul tempo o una partitura musicale che accoglie in sé ritmi disomogenei eppure contigui; dal debordare del flusso di coscienza alle dissolvenze espirate nell’avvicinarsi della fine. Due sponde – non a caso lo spazio è segnato dal ‘nonluogo’ di una traversata per mare – congiunte in un megalitico eternarsi del tutto.

Né mancano le suggestioni derivate dal mondo dell’arte. Di sicuro Arnold Böcklin – Virgilio si avvia ineluttabilmente verso la sua Isola dei morti – e limitrofe correnti simboliste.

Per uno strano contrappasso Broch fu sorpreso dall’onda nazista proprio ad Altausseee, placida stazione turistica dell’Austria che verrà ricordata per le sue miniere colme di capolavori trafugati da zelanti faccendieri su ordine del Führer. Qui lo scrittore sperimentò l’incubo della reclusione, qui la sorte decise che la sua creatività avrebbe trovato una via di fuga. L’arte prigioniera divenne arte liberata. Così accadde anni dopo anche ai quadri e alle statue lì relegati, per fortuna usciti indenni dall’umana follia.

Questo volume offre al lettore italiano due prose finora inedite in cui affiorano i temi salienti della grande narrativa brochiana.

Arte e letteratura in Via del Vento_Pistoia_
fotografia di Claudia Ciardi ©


* Hermann Broch, Il ritorno di Virgilio, cura e traduzione di Claudia Ciardi, Via del Vento edizioni, novembre 2022

* La pubblicazione è depositata nell’archivio del Teatro Stabile di Torino

Storie editoriali, sogni di persone

Edizioni storiche Sansoni e Vallecchi_foto di Claudia Ciardi ©

Un libro non è solo ciò che racconta. È fatto anche di una storia che lo precede, spesso anzi di molte storie. Nasce dai sogni di chi intende salvare un messaggio, di chi crede per quella via di contribuire alla rappresentazione del mondo. E poi ci sono intenti, affinità elettive, sintonie caratteriali che si scoprono in corso d’opera, destini che si intrecciano. Idee e persone impegnate a difendere legami, memorie, bellezza. Ogni cosa contribuisce all’impresa, in letteratura, come in arte, come nella musica. Il libro è una straordinaria condensazione di tutte queste sintonie.

Lo scorso autunno Laura Vargiu, divulgatrice infaticabile di letture e scritture, poetessa in organico alla giuria di diversi premi letterari, fondatrice del blog «Il ponte delle parole», ha pubblicato un invito alla riscoperta dei “libri antichi”. Ne è scaturita una riflessione che mi ha fatto nuovamente calcare le orme di alcuni progetti editoriali. Storie che ho avuto modo di vagliare durante le mie ricerche, in fase di collazione testuale o nella ricostruzione dei processi di stampa relativi a un titolo. Sono così affiorate tra le mie mani le vicende di giovani studiosi nell’Italia del secondo dopoguerra, fra Milano e Firenze, ma anche di personalità resistenti mentre il conflitto ancora imperversava. Episodi testimoniati da corposi epistolari nei quali è possibile seguire in dettaglio sodalizi e collaborazioni. La vita piena d’impegno di Lavinia Mazzucchetti, gli incroci, anche sentimentali, fra Cristina Campo e Leone Traverso oppure, andando ancora più indietro, la piccata corrispondenza di un D’Annunzio che lamentava con Fischer le imprecisioni nella traduzione tedesca della propria opera. Alle altisonanti rampogne del vate Fischer replicava sempre composto, misurato. Schermaglie fra signori d’altri tempi. In ciò riemergono le avventurose iniziative di Cederna, Lerici Editore, Ricciardi Editore, Vallecchi, Sansoni.

Riscoperte di Laura Vargiu nella storica collana economica di Rizzoli
A commento delle proposte editoriali di Laura Vargiu


Visionando alcuni dei titoli “antichi” che Laura Vargiu aveva nell’occasione riproposto, sono quindi tornata a pensare al libro come oggetto d’arte; non solo nel senso della rarità e del pregio di un’edizione, ma anche e forse più in quanto deposito evocativo di sensibilità. Del resto, la devozione di Laura per mercatini e piccole botteghe di librai indipendenti mette in luce proprio questa prossimità, le relazioni di un microcosmo sentimentale fatto di luoghi un po’ eccentrici e dei loro altrettanto estrosi custodi-cultori. Questi antri votati alla meraviglia sono vere e proprie isole di collezioni diffuse, snodi dove si riscoprono tesori perduti.

Chi non ricorda i vecchi libri Rizzoli, fra i primi tascabili economici, dalle copertine minimaliste: titolo-autore a caratteri neri su bianco (ingiallito) in carta grezza. I nostri genitori hanno adornato gli scaffali delle loro librerie con questa collana o con i primitivi Oscar Mondadori o con la mitica Medusa (sempre Mondadori). Chi non ha avuto in casa tutto il primo Pavese pubblicato da Einaudi?

Uno sguardo alla Medusa_immagine tratta dal blog di Maremagnum

Scelte editoriali non allineate, inattese, visionarie nella prima Piccola Biblioteca Einaudi

Storie, si diceva all’inizio. Di coloro che i libri li hanno pubblicati e del privato di tanti lettori. Nelle mie più recenti ricognizioni mi sono spesso soffermata su questi contatti emotivi, perché prima del conoscere (e del conoscersi) è il sentire, è l’attrazione per qualcosa che percepiamo somigliante a determinare la scelta di un percorso, un avvicinamento, quel travaso necessario a dar forma concreta all’immaginazione. Perché certe cose ci sollecitano, dunque «si fanno sentire prima di farsi conoscere» (per dirla con Yves-Marie André). È peraltro il tema di un bell’articolo sull’esperienza artistica che mi è capitato di leggere proprio in questi giorni. «All’utilità dell’erudizione son sempre più convinto debba precedere, succedere o accompagnarsi “il compiacimento de’ sensi, e il diletto delle passioni”», conclude l’autore. E infatti, ogni opera creativa non può compiersi né veramente diffondersi senza il più sincero e profondo attaccamento al sogno dell’arte.

Altri rimandi:

Non basta l’erudizione, l’arte deve scuotere i sensi (di Maichol Clemente su «Il Giornale dell’Arte», 1 febbraio 2023)

Uno sguardo alla Medusa (sul blog di Maremagnum)

Johann J. Bachofen – Il popolo licio (su un’edizione storica Sansoni)

In questo sito, la pagina dedicata ad alcuni miei percorsi nell’editoria: Mappe editoriali

Tra gli ultimi articoli dedicati da Laura Vargiu alle mie pubblicazioni si segnalano:

Hermann Broch e il suo “Il ritorno di Virgilio”

“Muor giovane colui ch’al cielo è caro”: in ricordo di Georg Heym

In ricordo di Konstantinos Kavafis: l’importanza delle parole

Qualcosa che resta

La morte di Joseph Ratzinger chiude simbolicamente il 2022. E chiude ritualmente un ciclo. La mia prima scrittura di quest’anno è dedicata a lui che mi richiama alcuni ricordi romani, il mio incontro con la Germania – e il complesso straordinario (alla lettera fuori dall’ordinario) rapporto con la cultura tedesca che da allora ho sviluppato – oltre alla ricerca costante, tenace di un confronto da opporre alla superficialità, alla dispersione, al disorientamento che proprio in questi ultimi anni ci ha chiamato alla prova. Non riesco a stringere in parole il mio sentimento di queste ore, perché si tratta di corde talmente intime e profonde che perfino lo scrivere sembra inadeguato se non manchevole.

Per molti cultori del disvalore la personalità di Benedetto XVI è inconcepibile, incarnazione di un massimalismo fuori dal tempo, di un’ortodossia cogente. Io stessa, giovane universitaria, infatuata da false e sbrigative emancipazioni, ammetto di aver in un primo momento frainteso l’uomo, di averlo giudicato in modo affrettato. Vivendo ci si accorge però che l’emancipazione priva di contenuti non costa nulla a chi la promette, rivelandosi piuttosto un disperante schiavismo per chi la insegue senza trovarla. Mentre la lezione di fede, umanità, umiltà («un semplice, umile lavoratore nella vigna del Signore») difesa con perseveranza da questo papa avrebbe acquistato forza – specie dopo le sue cosiddette dimissioni – sgretolando pregiudizi, contrapponendosi ad altri imbonitori dell’attimo.

Fino all’ultimo si è voluto scagliare sulla sua persona un preconcetto, sobillando una conflittualità latente, volta a distogliere, mistificare, dividere in fazioni. E invece nel suo entourage ci sono stati uomini integri, più aperti al dialogo tra le fedi di altri loro successori, e animati da un credo limpido, vibrante, caparbio.

Il mio ricordo si aggira in questa patria sentimentale. Ripenso all’Abruzzo, io che nel terremoto dell’Aquila ho avuto la vita salva da un tedesco che fatalmente mi distolse dall’andare in città proprio in quei giorni. Per me questo legame, accompagnato alla scoperta di una spiritualità che fino ad allora avevo respinto, trascende ogni altra relazione, perfino quelle di sangue. È forse paragonabile a certe ataviche cerimonie; penso a vecchi riti mediterranei, alle storie del comparato magico. Da allora ho anche proiettato sui tedeschi una qualità sensitiva, che non riesco a spiegarmi del tutto né mai mi spiegherò, e che talora mi inquieta. Un carattere che ho continuato a sperimentare in circostanze diverse ma pur presenti nel mio cammino.

Mi si è chiesto se i miei libri non ne siano inconsciamente un riflesso. Può darsi, ma di certo il mio tempo terreno non basterebbe a esaurire questo patto. È un debito per la vita che va oltre la vita stessa; qualcosa di inattingibile, che è destinato a restare, qualcosa che fa parte di un prima e che farà parte di un dopo, di là da me.

Di Joseph Ratzinger si disse che era fin troppo distaccato, timido, freddo per affrontare il dolore dei terremotati. Invece, andò in Abruzzo, si strinse a tutti, accarezzò e si lasciò accarezzare. E sono immagini bellissime, di spontaneità, vicinanza, conforto. L’umanità è forse alle soglie di un disvelamento. Il conflitto perciò più esasperato, sembra inasprirsi, macinare ancor più aspettative. Ma ciò è anche indicativo di una fine. La fine come nuovo inizio. La morte di un papa che non è scomparsa ma qualcosa che resta, offrendo la sua sostanza spirituale perché più certa, salda, benedetta sia la vittoria di chi sinceramente ama.

Benedetto XVI a L’Aquila dopo il terremoto

L’indispensabile difesa della spiritualità

Circumnavigarte

La scelta non poteva cadere su un’immagine più felice. Swanbook e “Il Sirmionelugana” attraverso l’antologia dei poeti vincitori, premiati e menzionati del 2022 rendono omaggio all’idea della navigazione, metafora longeva e potentissima, per una lode alle arti che ha il suo centro nella riviera gardesana.
Un battello che salpa dalle acque del lago per unire idealmente mondi, energie, aspettative, simbolo di pace e di rinnovata (e ritrovata) creatività.
Fra gli autori che la giuria ha ritenuto meritevoli di essere premiati, il libro contiene tre delle mie poesie in concorso.


L’antologia è disponibile in prevendita sul sito della casa editrice e nei principali canali dedicati alla distribuzione editoriale.

* Il Sirmionelugana 2022, AA. VV., antologia del Premio letterario, Swanbook, 2022, ISBN 979-10-80357, € 11,00

Si veda anche: Navigazioni d’arte e poesia

Navigazioni d’arte e poesia

Agnolo Bronzino, Allegoria dell’Amore e del Tempo, 1546

Il rapporto culturale che ho sviluppato con la Lombardia da quando mi sono avvicinata alla Fondazione Testori nel 2013 è stato per me di grande stimolo.

Amore a prima vista, scambio continuo, intesa totale.

Grazie Lombardia! In particolare, grazie Brescia, Mantova, Milano.
E grazie Alessia Rovina – lo so che mi leggi anche qui! – per aver avuto l’intuizione dell’«Argonauta». La tua vivacità e passione per l’antico mi sono venute incontro in piena pandemia con inaspettata delicatezza e non casualmente, nanu mia, bambina mia, ti sei materializzata da un luogo a me così caro.

Capacità imprenditoriale, lungimiranza e passione per i bei progetti culturali nel segno del tipico pragmatismo lombardo mi hanno formata, arricchita, offrendo spunti sempre rinnovati alla mia scrittura.

Tutto, tutto ma proprio tutto è stato incredibile. Dai primi cammini mossi in autonomia tra mostre e centri culturali, dalle aperture manifestate alla mia creatività per poi approdare alle coinvolgenti campagne fotografiche sul gotico.

La cesura imposta dal covid, con quello che purtroppo ne è conseguito per ognuno di noi, non scalfisce la straordinarietà di questi anni. Direi anzi che ancor più la incide come esperienza unica di un decennio per me assai importante.

E grazie anche per questo recente riconoscimento
Circumnavigarte 2022 / Sirmionelugana XI

Vienna, lo specchio magico: Jerusalem-Hofmannsthal


Mario Bernardi Guardi, L’Austria poco felix della femminista e ribelle Jerusalem, «Libero», 7 marzo 2017

Francesco Cappellani, Else Jerusalem e la prostituzione a Vienna nei primi anni del Novecento, «Dissensi e discordanze», 27 ottobre 2017; sempre a firma di Cappellani un bell’approfondimento sulla rivista della Comunità ebraica di Milano, Else Jerusalem, femminista a Vienna nei primi anni del Novecento, «Bet Magazine» – la più antica testata ebraica italiana (77 anni di attività), 10 luglio 2022 [Questo articolo è stato ripreso anche da «Pars», portale di formazione e informazione religiosa]

Donatella Massara, Else Jerusalem – Liberazione, «Donne e conoscenza storica», 19 gennaio 2018  

Ne hanno inoltre parlato «Mangialibri» e «Toscana Eventi & News»


Elisa Veronica Zucchi, Sogni e maschere. L’indissolubile intreccio fra vita psichica e teatro nella scrittura di Hofmannsthal, «Il Foglio», 26 febbraio 2022

Rassegna stampa del “Centro studi sul teatro napoletano”, 29 novembre 2021

Rebecca Mais, Il soldato Schwendar di Hugo von Hofmannsthal: la vita, la morte, gli enigmi dell’autore austriaco nelle prose inedite, «Oubliette Magazine», 13 gennaio 2022

Un commento all’articolo di Roberta Ascarelli su «Alias / Il Manifesto», 27 febbraio 2022

Gian Paolo Grattarola, lettore attento e affezionato di Hofmannsthal, ne ha scritto su «Mangialibri», luglio 2022.
Qui un estratto della sua sentita analisi

Ne hanno inoltre parlato sui loro blog e profili Daniela Domenici, Gian Ruggero Manzoni, Ivana Margarese, Mary Mazzocchi, Laura Vargiu che ha condiviso anche un’approfondita lettura del testo nel network di «QLibri»  

Poesia: Benjamin, Heym, Pozzi


Franco Benesperi, Liberami dal tempo, Settimanale «La vita», 2 dicembre 2012

Walter Benjamin, Liberami dal tempo su «Il Segnalibro», numero 183 aprile 2012

Walter Benjamin, Liberami dal tempo – Trasmissione «Qui comincia», RadioTre, 20 maggio 2012

Walter Benjamin, Liberami dal tempo – Note di lettura a cura di Giancarlo Calciolari, 5 aprile 2013

Notiziario CDP 229, settembre-ottobre 2012 – Ha la morte facoltà di scambiare il desiderio, p. 17 – poesia tratta da Walter Benjamin, Liberami dal tempo

Nicola Saldutti, Una barca di nome Cuore – poesia tratta da Walter Benjamin, Liberami dal tempo, su «Corriere della Sera / La lettura», 10 maggio 2020

Ne hanno inoltre parlato sui loro blog e profili, Alida Airaghi, il blog «Antiit», Marta Cutugno su «Carteggi letterari», Stefano Fiorucci, il sito «Germanistica.net», «L’Amantide» di Beatrice Orsini, Luciano Nanni su «Literary»,Valeria Nisticò, Maurizio Pallavicini su «Aurelius Immagini», Stefi Rossetti, il sito «Sololibri».


Enzo Cabella, Via del Vento riscopre il mondo di visioni e versi di Georg Heym, «La Nazione», 31 dicembre 2011

Georg Heym  sulla rubrica “Il classico” del «Corriere della Sera», 17 febbraio 2012

Mirella Appiotti, Via del Vento, assaggi di classici, «La Stampa», 9 giugno 2012

Videolettura di Fabricio Guerrini sul suo canale youtube, 7 gennaio 2023

Laura Vargiu sul suo blog «Il ponte delle parole», 15 gennaio 2023

Ne hanno inoltre parlato sui loro blog e profili, Antonio Colecchia sul sito «Whipart», Marta Cutugno per «Carteggi letterari», il blog «Monteverdelegge», il blog «Caruso Paskoski», il sito «Sololibri», la rivista online «Sagarana», Eleuterio Telese.


Catherine Pozzi, Lettura della poesia Nyx, Archivi Rai (2012-2013)

Enzo Cabella, Via del Vento: Le poesie di Pozzi per l’addio ad “Acquamarina”, «La Nazione» 21 gennaio 2013

Catherine Pozzi sulla rubrica “Il classico” del «Corriere della Sera», 8 febbraio 2013

Pierangela Rossi, Catherine Pozzi chiude la collana “Acquamarina”, «Avvenire», 27 marzo 2013

Franco Benesperi, Nyx e altre poesie di Catherine Pozzi, Settimanale «La vita», 14 aprile 2014

Ida Travi, Un solo libro per raccontarsi, «Il Manifesto», 20 aprile 2013

Claudia Ciardi, Inno alla notte, sulla rivista «Poesia» di Nicola Crocetti, numero 301, febbraio 2015

Ne hanno inoltre parlato sui loro blog e profili, Daniela Distefano su «Liberi di scrivere», Gabri Kyo Puzzo, Chiara Silvestrini.

Padlet_a cura di Claudia Ciardi

Paula Modersohn-Becker – Frauenkopf im Profil, Testa di donna di profilo – non datato, forse 1899

Due bacheche collegate ai temi del blog «Margini in/versi», costruite, diffuse e liberamente condivise attraverso gli strumenti offerti da padlet.

Una dedicata alle più recenti segnalazioni a tema arte, libri, notizie dal mondo culturale.

https://padlet.com/margini_inversi/Bookmarks

Un’altra incentrata sulla personalità di Paula Modersohn-Becker e la pittura dell’Ottocento al fine di divulgare l’opera e il messaggio delle comunità artistiche di un periodo estremamente poliedrico nella storia dell’arte.

https://padlet.com/margini_inversi/Paula_Modersohn_Becker


Qui le copie .pdf da scaricare aggiornate a settembre 2021

margini inversi>>>>>>vissi d’arte

margini inversi>>>>>>Paula Modersohn-Becker