Rosa Rosae

Giardino e roseto dell’Esquilino – Roma

Fiore fra le simbologie più complesse e stratificate nel tempo, mitico e storico, incarnazione di contrasti e ambivalenze, al centro di riti, oggetto di credenze e incantesimi, amato da fate e streghe. La presenza della rosa nelle fiabe risale all’epoca medievale, e le qualità magiche che le sono attribuite derivano senz’altro dall’antica associazione alle divinità. Ad esempio nella storia che lega Adone e Afrodite. La dea della bellezza, depositaria di aspetti che la uniscono alla grande Madre, deterge un olio profumato di rose sul corpo di Ettore morto. Gli aspetti ancestrali del femminino, della maternità cosmica, della vita e della sua cura, anche nella morte, si intrecciano alla rosa, alla sua essenza, al suo linguaggio. A tale proposito, nel dualismo di vita e morte, affiorano pure analogie con Ecate, dea infera, conduttrice di anime (psicopompa), e con Iside; nella ventata delle mode orientali della tarda latinità, la devozione isiaca, frutto di sincretismi religiosi, acquista seguaci anche nelle classi agiate. Ne è oggetto il famoso capolavoro di Apuleio, Le metamorfosi note anche come L’asino d’oro. Gli antichi riti funebri in memoria dei morti si chiamavano Rosalia, da cui si sarebbe ereditato l’uso di deporre rose sulle sepolture. Trattandosi di un rituale con ascendenze asiatiche, si ipotizza che a introdurlo a Roma siano stati i commercianti di lungo corso attivi nelle province orientali. Secondo altre ipotesi, invece, le Rosalia nacquero sotto l’impero di Augusto, importate dalla Gallia Cisalpina. C’è chi sostiene che era una pratica diffusa soprattutto tra i militari, che utilizzavano le rose per onorare, in mancanza dei familiari, i loro compagni caduti.

Comunque stiano le cose, un fatto è certo: i romani ogni anno tra il 10 e il 31 maggio si facevano carico di queste festività per onorare chi non c’era più.

A conclusione di quanto detto sin qui, il legame preferenziale con le dee, la sfera sentimentale e sacra, ne ha fatto per antonomasia il fiore del femminile e della femminilità, fisica e spirituale, di cui accoglie e riflette il segreto e il mistero.
I ragazzi iniziano a declinare il latino sillabando il nome della rosa, che è canto già nel susseguirsi di quelle desinenze. Dalla Grecia omerica e arcaica, dove l’aurora ha dita di rosa, a Cielo d’Alcamo e poi ancora nella poesia rinascimentale e barocca, la sua celebrazione in versi non conosce inaridimenti. Fragile quanto longeva e salda, la troviamo disseminata nelle opere letterarie e in quelle d’arte, ritratto di un inscindibile connubio fra sensibilità poetica e figurativa.

Il moto concentrico dei suoi petali rappresenta la ruota del ciclo vita-morte-vita. La rosa è coppa e femmina che conserva e presiede l’eterno ritorno. Attraverso un percorso culturale molto lungo e sfaccettato, dai Pitagorici al romanzo ellenistico – vi si è accennato con Apuleio che a quelle fonti attinge – la rosa diventa l’emblema del segreto (sub rosa) nell’immaginario alchemico ed ermetico.

Link:

La compagnia delle rose

Natura sensitiva – Il fiore e il segreto

Le Rosalia. Feste delle rose

Roseto all’Esquilino
Giardino del Quirinale
Roseto comunale di Roma
Roseto comunale di Roma – Visitabile liberamente fino al 16 giugno

Fotografie di Claudia Ciardi ©

Spiritismi, teorie e corollari

Maghi, spiritisti, illusionisti, mesmeristi, ipnotizzatori, sensitivi. Professionisti dell’occulto a vario titolo e grado aleggiano fra bizzarri, per non dire improbabili, dagherrotipi, prodotti fin dagli anni Quaranta del XIX secolo. Locandine di eventi incentrati su numeri di prestigio, inviti a visitare misteriose sale dove si praticavano le sedute spiritiche o altri esperimenti di comunicazione coi morti. Fra i luoghi di maggior richiamo le cosiddette “stanze egizie” sull’onda di un ambiguo e fascinoso rapporto che da sempre lega l’egittologia all’esoterismo. In simili gabinetti orchestrati da sedicenti professionisti prendevano forma numeri ed esperienze che facevano leva su presenze e testimonianze di antiche civiltà, ritenute depositarie di poteri sovrannaturali. E ancora, al di là di manifestazioni più o meno credibili, divi assoluti, osannati da folle eterogenee ed incuriosite, come Harry Houdini, in aperto dissidio con l’attività di presunti medium e parapsicologi. Strumenti e materiali con cui approntare vere e proprie scene a tema, maschere, burattini, parrucche, stoffe (di solito i bendaggi venivano utilizzati per simulare il cosiddetto ectoplasma). E ancora, manuali, appunti, disegni autografi. È questo il vastissimo e in larga parte inedito apparato iconografico che accompagna il libro Die Kunst der Illusion. Magier, Spiritisten und wie wir uns täuschen lassen, pubblicato da Dumont nel 2019.

Il mago William S. Marriott presiede all’apparizione dello spirito di un “Geistervogel”, un uccello fantasma. L’animale dal bianco piumaggio si scorge appena sopra il mazzo di fiori tenuto in mano dalla donna che all’aspetto evoca una vestale o qualcosa di simile. Una fotografia davvero scenografica tratta dal citato volume Dumont (2019)

Testimonianze della mentalità e di una moda che attraversò buona parte dell’Ottocento, trovando una sponda assai stimolante nell’invenzione della fotografia, mezzo che si prestava a sperimentare e suggestionare come pochi altri fino a quel momento. Un fenomeno esteso che interessò trasversalmente i paesi occidentali di cosiddetta cultura sassone come anche quelli mediterranei. Alle latitudini italiane è risaputo che non ne fossero esenti letterati e uomini di cultura di differente formazione, anche in ruoli di spicco per quanto concerne la loro professionalità e in conseguenza la presenza pubblica. Lo spiritismo era in grande spolvero nei salotti borghesi di allora. Citiamo a titolo d’esempio la cerchia in cui si aggiravano Luigi Pirandello, Luigi Capuana e Gabriele D’Annunzio. Nel caso dannunziano non è trascurabile per il contesto il rapporto con l’architetto del Vittoriale, l’amico Gian Carlo Maroni, che si definiva occultista e sosteneva di esercitare la telepatia. A Napoli nel 1886, il poeta pescarese incontrò l’arcinota medium Eusapia Paladino, personaggio quasi leggendario. L’episodio fu poi oggetto di narrazioni parodistiche come quella che ne fece molto tempo dopo la rivista «Varietas» sul numero di maggio del 1919. Mentre durante la reggenza del Carnaro ebbe contatti con la poetessa e occultista triestina Nella Doria Cambon, nel cui casa si tenevano riunioni di natura spiritista frequentate dalla marchesa Casati, da Tommaso Marinetti, Ada Negri e Italo Svevo.

John Singer Sargent, Fate, 1879 circa

Non è infine trascurabile il ricchissimo, multiforme e screziato patrimonio libresco sulle arti magiche. Tali edizioni in non rari casi hanno alimentato biblioteche sorprendenti, “compendiato” luoghi di singolare natura ed eclettica fisionomia come le Kunst und Wunderkammern, alla stregua di talismani e altri oggetti rituali, offerto un banco di prova all’estro di stampatori che hanno fatto di queste opere dei veri e propri pezzi d’arte. Si rimanda, sempre nel panorama italiano, alla Bibliotheca Hermetica Verginelli-Rota, ricordando che Nino Rota è stato l’autore delle più celebri colonne sonore felliniane. Quanto a Vincenzo Verginelli, classicista, amico fraterno di Rota che aveva conosciuto a Bari nel 1939, dove quest’ultimo insegnava al conservatorio, è l’autore del catalogo di questa loro pregevolissima e rara creatura, alimentata dalla comune passione per la filosofia ermetica, soprattutto di matrice antica, e da un’inesauribile passione bibliofila. Aggiungo per chiosare che lo stesso Federico Fellini subiva volentieri il fascino di simili argomenti tanto che fu pure in contatto con Gustavo Rol.

Le collezioni librarie stimolate da curiosità di questo tipo attraversano a quel che pare le epoche umane e intersecano interessi eruditi, con radici ben piantate nel mondo greco, soprattutto del periodo ellenistico, e latino – si pensi ai papiri magici, raccolte di incantesimi, esorcismi, malefici, e sul fronte opposto del pensiero razionalista al De divinatione ciceroniano, agguerrita trattazione contro le pratiche degli indovini. Il citato volume tedesco, si pone come un dettagliatissimo catalogo d’arte sul “ritorno” moderno dell’animo magico restituito nei suoi diversi risvolti e per mano di sbalorditivi documenti visivi.   

Antonio Donghi, La fontana dei cavalli marini, dalla mostra di Palazzo Merulana (Roma) Antonio Donghi. La magia del silenzio
fino al 26 maggio 2024.
Fotografia di Claudia Ciardi ©

Di seguito altre immagini tratte dal volume oggetto di questa breve dissertazione

Le stanze egizie
Copertina del libro

Altri collegamenti sull’argomento trattato:

Enigma Rol – Il docufilm (uscito nell’ottobre 2023, per chi non ha potuto vederlo in sala, ci si augura che prima o poi venga diffusa una versione streaming).
Qui il trailer ufficiale.

Per una lettura in chiave comica di alcuni luoghi comuni della magia e del macabro si consiglia la spassosa commedia all’italiana, Io zombo, tu zombi, lei zomba (disponibile su Raiplay). Un’improbabile combriccola di zombie, un ridicolo manuale di magia che custodisce una formula scandita a suon di “paraponziponzipo”, una parodia di categorie sociali e tipi umani degni di un’armata Brancaleone per spiritisti.

Neogotico e Wunderkammern (dal 2 al 12 maggio 2024 a Roma).

Storie d’arte e d’ispirazioni torinesi

Il capoluogo piemontese prosegue e incrementa un dialogo fra arti, creatività e poesia con iniziative capillari e diffuse. Proprio in questi giorni è arrivata anche la consacrazione sul «Financial Times» che premia il Piemonte come una delle compagini più dinamiche a livello europeo per strategia del territorio. Di sicuro la regione sta mettendo in campo tante energie e Torino è una fucina in cui confluiscono molti punti di vista, non necessariamente allineati o prevedibili. Già qualche anno fa alcuni media esteri, fra cui la CNN, invitavano a scoprire la capitale sabauda quale alternativa alle mete italiane tradizionalmente più conosciute e pubblicizzate, nell’intento di alleggerire i flussi turistici sempre e solo diretti verso gli stessi centri. In questi mesi ho avuto modo di confrontarmi con diversi progetti legati all’inclusività, alla valorizzazione del patrimonio culturale, alla creazione di modelli gestionali di comunità nelle province di montagna e nei tessuti urbani. Oltre ad aver seguito gli ultimi eventi organizzati nel circuito delle mostre d’arte e della divulgazione poetica, come quello di “Arte Città Amica” che mi ha coinvolta in prima persona, in occasione del ventennale della storica associazione torinese.

Luci d’artista a Torino

Desidero quindi segnalare il ciclo di esposizioni dedicate dall’Accademia Albertina alla propria collezione fotografica. Iniziato con “La fotografia e le arti” (ottobre 2023), si concluderà con gli “Orientalismi” il prossimo luglio. Per la prima volta una serie di documenti misconosciuti al pubblico escono dai caveau e sono visibili in Pinacoteca. L’Albertina è un luogo che tende a essere meno visitato tra i poli museali torinesi pur trattandosi di uno spazio estremamente meritevole, denso di memorie storiche per capire la città e avvicinarsi al suo passato-presente. È inoltre ripresa la tradizione di ricostruire le vicende di un’opera inedita nell’ambito del percorso tematico di volta in volta proposto. All’interno della sala dei cartoni gaudenziani, anche attraverso modalità interattive, riprende vita un quadro, un progetto in parte se non del tutto andato perso o della cui esistenza poco o nulla si sapeva.

*Depliant informativo dell’Accademia Albertina

Qualche giorno fa è stata poi inaugurata la personale del fotografo Michele Pellegrino nei locali di Camera. Un allestimento offerto come un’antologia da sfogliare, suddivisa in sezioni rappresentative dei suoi principali filoni di ricerca: Esodo. Storie di uomini e di montagne; Visages de la Contemplation; Scene di matrimonio; Le nitide vette; Langa. È il battesimo ufficiale fra i grandi autori italiani, culmine di un percorso che ha visto l’arte di Pellegrino protagonista di tante rassegne – ricordo sempre a Torino Persone presso la Fondazione Bottari Lattes – e così via nel resto del Piemonte e fra le pagine di altrettante intense pubblicazioni: gli ultimi cataloghi per Electa Prima che il tempo finisca e Io il covid e le nuvole, e ancora risalendo a ritroso i racconti fiabeschi di Il silenzio magico della montagna, Alta Langa. L’altra collina, Incanti ordinari. Perciò mi auguro che presto ci sia la volontà di replicare con un’iniziativa che magari dia spazio anche a un excursus dei libri a stampa che nel tempo hanno accompagnato il suo cammino fotografico.        

Michele Pellegrino_Allestimento per Camera Torino_Le nitide vette
Michele Pellegrino_Allestimento per Camera Torino_Le nitide vette_Peuterey

A chi voglia infine incontrare l’arte in un contesto autentico e confidenziale suggerisco una visita in Via Rubiana alla galleria di “Arte Città Amica”. Ringrazio Raffaella Spada per il tempo che mi ha dedicato, per gli incoraggiamenti e i consigli che mi ha dato sui materiali e le tecniche – in generale direi una lezione di vita –  e per gli artisti che mi ha presentato. Ispirazione principale di questo gruppo è il nesso che unisce segno pittorico e parola, al centro peraltro della mostra allestita questo mese e aspetto che considero centrale nella mia stessa indagine. Una bella serata trascorsa al riparo e al caldo, pure in senso emotivo, in una Torino ancora abbastanza infreddolita. Fra le stazioni di Racconigi, Rivoli e Monte Grappa è bello sapere che ci sia un rifugio così accogliente dove si aggirano presenze gentili, anche queste appartenenti a una storia torinese ben diversa dalle contrapposizioni e disattenzioni che purtroppo fin troppo spesso ci sono state riservate dagli ultimi anni.   

La Galleria di Via Rubiana
La mostra della Galleria di Via Rubiana

Le mie montagne per “Arte Città Amica”


Fotografie di Claudia Ciardi ©

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Cultura diffusa – Alla scoperta del Piemonte

Torino capitale della fotografia

Libro dipinto

Quello di libro dipinto è un concetto dalla doppia valenza. Lo si può intendere sia come libro decorato, arricchito di immagini e abbellito da fregi e disegni sulla copertina, utilizzata come vera e propria tavola da pittura. Sia come oggetto rappresentato in un quadro, simbolo sacro e profano, testimonianza della posizione culturale della persona ritratta o dei gusti letterari del pittore.

Una lunga storia che affonda le sue radici nella paziente cura dei miniaturisti, con alcune rappresentazioni che potevano occupare anche una pagina intera, composte con pigmenti assai preziosi, o se vogliamo ancor prima, nel mondo antico. Già alcuni papiri sono infatti opere di straordinario pregio, non solo per la bellezza calligrafica. Nei rotoli egizi campeggiano figure a colori eseguite con una minuzia straordinaria come anche in certi formulari magici del periodo ellenistico, dove affiorano esempi illustrati degli strumenti necessari a un incantesimo o su come preparare un simulacro per affatturare qualcuno.

Ma ricordiamo anche nei codici bizantini alcune segnature di rimando agli scolii marginali (asterischi come stelle marine o fiori incantati) laddove gli scolii stessi si presentano talora come “predelle narrative” appese al corpus della scrittura su colonna. Insomma, da questo punto di vista, se guardato nell’insieme, il libro fin dall’età antica o tardoantica è una potente opera grafica in cui il supporto che lo compone, la scrittura e gli abbellimenti che interessano i materiali e le parti testuali concorrono a creare un vero e proprio pezzo d’arte.

Dorsi dipinti su libri del 1750_Biblioteca del Museo del Castello di Praga
Miniatura capolavoro di Jean Fouquet. // Dalla pagina fb di “Osservatorio libri. Quotazioni”

L’incremento del tasso di alfabetizzazione e l’avvento di nuove tecnologie segnano nel XIX secolo l’aspetto e la destinazione del libro che da oggetto confezionato a mano posseduto per lo più dagli aristocratici nelle loro biblioteche private, diviene un prodotto di massa. In tale differente contesto la copertina assume un’ulteriore importanza: non più solo una protezione funzionale per le pagine, ma un elemento chiave, un vero e proprio display attraverso cui comunicare il contenuto e incentivarne così la vendita. Prima di allora – tranne alcune creazioni uniche e personalizzate (ad esempio le copertine ricamate per le biblioteche dei privati) – erano per lo più semplici rilegature in pelle. A partire dagli anni Venti del Novecento, con l’affermarsi della rilegatura industriale, i vecchi rivestimenti in pelle lasciano il posto a nuove tipologie in stoffa che, oltre a essere economiche, divengono anche stampabili. Nel corso dei decenni è stata impiegata un’ampia gamma di tecniche a stampa delle copertine: dalla goffratura (calandratura che permette l’incisione di un disegno semplice sul tessuto) alla doratura alla litografia a più colori. Si apre dunque uno spazio artistico completamente inatteso dove si sono potuti inserire illustratori e designer, producendo una varietà di copertine dal gusto estremamente eclettico, tanto quanto la miriade di contenuti che presentavano. Dagli anni Venti circa, la sovracoperta di carta, molto diffusa anche nei tascabili, che in precedenza serviva semplicemente a proteggere la rilegatura dell’editore, inizia a sfoggiare dei disegni. Non si può far a meno di notare che diversamente dal prodotto odierno, altamente standardizzato, subito riconoscibile nell’appartenenza alle diverse collane editoriali per la sua elevata (e in molti casi fredda) serialità, qui siamo piuttosto in presenza, almeno fino ai primi del Novecento, di produzioni ispirate a un certo artigianato.
L’articolo di «The public domain review» (il collegamento qua in fondo), dal quale provengono alcune delle notizie riportate, presenta un’interessantissima galleria di rilegature disegnate nel secolo della nuova editoria, sebbene non possano dirsi ancora imprese editoriali così come noi le intendiamo. È più che evidente il valore artistico aggiunto che recano queste copertine.

Woman and her Wits_Book cover, 1899
Die Milchstrasse_Leipzig_Johann Ambrosius Barth, 1908

Ma vi è pure un’altra forma decorativa del libro, conosciuta come fore-edge painting. Si tratta della illustrazione riservata al taglio anteriore. Stringendo il blocco di pagine fra le dita, affiora un’immagine che può essere d’invenzione o riprodurre un’opera d’arte nota o ancora richiamare una scena o un soggetto del contenuto (soprattutto nel caso dei romanzi popolari). Questo modo di vivacizzare e mettere in risalto il materiale a stampa fu molto popolare tra Settecento e Novecento. Nei primissimi casi si trattava di stemmi araldici per lo più realizzati in oro. Tale tecnica raggiunse il suo culmine di popolarità e maestria agli inizi del XX secolo, tant’è vero che la maggior parte degli esemplari sopravvissuti risale proprio a questo periodo. Talvolta due diverse varianti vengono dipinte su entrambi i lati delle pagine e ciascuna appare quando il blocco viene allargato da un lato o da quello opposto.
Le biblioteche americane ospitano diverse collezioni di libri rari attestanti quest’arte davvero particolare.

Esempio di fore-edge painting_Miami University Libraries
Frontespizio illustrato del libro dedicato alla Sibilla Cusiana [Cumana]_1870. // L’immaginario sibillino dai libri ai dipinti.
Ritratto di donna con stilo e tavoletta cerata, noto anche come ritratto di Saffo.
I dipinti pompeiani delle fanciulle che impugnano lo stilo, oggi conservati presso il Museo Archeologico di Napoli, sono assai noti. Qui non si tratta di donne rappresentate insieme ai libri ma “fotografate” nelle loro attività di studio (che presupponevano il possesso di libri).
Una è identificata come la moglie di Paquio Proculo e l’altra (qui sopra) associata alla figura della poetessa greca Saffo.

Il libro dipinto, lo si diceva prima, è infine il libro che viene dipinto ossia che entra nell’opera di un pittore. Da oggetto costoso destinato a pochi eletti a prodotto facilmente replicabile, in grandi tirature, grazie al diffondersi della stampa meccanica, gli artisti hanno registrato nel tempo aspetti, mode, riti sociali legati alla presenza dei libri nei più vari contesti. Se nella pittura antica e medievale è in simbiosi con la rappresentazione di scene che rimandano alla sfera educativa, ad esempio dei giovani, o come simbolo religioso che identifica santi, profeti, martiri, col passaggio alla modernità il libro si apre sempre più a status symbol. Di un’aristocrazia che si fa ritrarre nelle proprie biblioteche attraverso cui intende affermare il proprio potere e prestigio, e in seguito come segno di una crescente indipendenza e ascesa delle classi subalterne che in tal modo celebrano il proprio accesso alla cultura. Nel caso dei ritratti e autoritratti femminili il libro entra come precipuo elemento di riscatto sociale, in una condizione in cui la donna, ancora fino all’Ottocento, era interdetta dai corsi accademici e, pur vantando condizioni economiche agiate, non poteva accedere alle medesime opportunità formative degli uomini. L’immagine della Sibilla barocca e tardobarocca condensa simili sentimenti e propensioni, laddove l’aura sacrale del personaggio e la presenza del libro per la divinazione demarcano più latamente la sfera della femminilità, le sue aspettative e finanche un elogio incipiente delle proprie capacità di autoaffermazione. Se in quest’epoca si tratta ancora per lo più del punto di vista di un esecutore maschile – ma quello del pittore è un occhio comunque svincolato dai crismi della società – è innegabile il graduale affioramento di una traccia nell’arte che fa del libro in mani femminili un oggetto di ascesa e riscatto.

Polittico del Maestro delle Murge_Pinacoteca Corrado Giaquinto di Bari_Tre figure di Santi con i libri sacri.
Fotografia di Claudia Ciardi ©
Artemisia Gentileschi inedita_A lungo attribuita al fiorentino Carlo Dolci, la Maddalena penitente è stata uno degli “Old Masters” in vendita a Colonia, presso la casa d’aste Van Ham (lotto del giugno 2021).
Sibilla del Domenichino_1617 circa_Galleria Borghese_opera attualmente non esposta. // Questa Sibilla sui generis in quanto ritratta insieme a uno spartito e a una viola – attributi musicali che di solito non si associano a tale figura mitologica – sembra intenta a cantare.
Vincent van Gogh_Natura morta con statuetta di gesso_Parigi_fine 1887_Dettaglio_Dalla mostra a Palazzo Bonaparte, Roma, 2022-2023.
Fotografia di Claudia Ciardi ©


Per approfondire:

The Art of Book Covers (1820-1914)

Fore-edge painting. Dipinti nascosti nei libri

I libri nell’arte (Glicine Associazione)

Di foglie, Sibille e arte profetica

Scatti di poesia X (Bari 2023)

Bari Vecchia_Plenilunio

Un decennale impegnativo per una mostra fotoletteraria che è tra i fiori all’occhiello della cultura di Puglia. E non solo. Perché in questo cantiere sono confluite voci da tutta Italia, che negli anni si sono alternate e ispirate, in un insieme polifonico di rara intensità nel panorama dell’arte contemporanea.
Creatura, e mi piace dire anche creazione, di Lino Angiuli, festeggia qui un compleanno importante. Summa di tutto il lavoro compiuto fino a questo punto, viene anche a incrociarsi, in virtù di certe sorprendenti traiettorie della numerologia, al centenario della nascita di Italo Calvino. Aggiungo che la benedizione dei numeri – chiamatela cabala o come volete – non si manifesta a caso, ma solo in presenza di intenti sinceri. E guai tradirla!

Dalla prima edizione, commovente lode ai grandi poeti pugliesi novecenteschi, cantori troppo affrettatamente dimenticati, quando non vergognosamente ignorati – cito su tutti, a titolo d’esempio, Vittorio Bodini ma come tacere di Raffaele Carrieri, di Rosella Mancini e di tante altre e altri – il progetto si è rafforzato nelle collaborazioni, trovando slanci sempre nuovi e approdando, nelle ultime tre rassegne, all’omaggio alla triade Dante, Ghirri e Calvino. Vertice e foce in un dialogo fra immagine e parola che ha dimostrato longevità, forte radicamento e capacità attrattiva. 
La riproposta ciclica di una formula all’apparenza (solo all’apparenza) semplice, ha dimostrato che le idee limpide, sorrette dalla chiarezza d’intenti, generano nella pratica un’inaspettata densità di stimoli e contatti.

Essenziale e minimale anche nell’allestimento. Un incrocio di telai bianchi, strutture lievissime che sorreggono fotografie e poesie. Epigrafi fluttuanti, ritratti di paesaggi e di persone riflesse nei paesaggi, affioramenti ed evocazioni.
  
L’inaugurazione della mostra è stata anche l’occasione per riflettere sul comunicarsi della cultura e della creatività oggi. In un tempo di dispersione e distrazione, il lavoro dei creativi è elemento prezioso che rientra nelle buone pratiche del vivere sociale, anzi ne è il maggior collante e aggregatore. Così Lea Durante, nel soffermarsi sulla multiforme disseminazione suscitata proprio dal confronto con l’opera di Calvino, così anche Lino Angiuli nel sottolineare come la conflittualità indotta, voluta che investe le nostre vite, condizionandole, sia qualcosa da fronteggiare e respingere senza tentennamenti, evidenziando il fatto che l’arte sia lo strumento elettivo per disinnescarne il funesto portato. A chiudere, Daniele Pegorari in un discorso letterario e analitico sullo sguardo, ha ribadito l’importanza dell’osservazione, quale preludio e al contempo presa di coscienza nell’esercizio di riflessione, dunque non due momenti distaccati ma atti concettualmente unisoni e altrettanto necessari al compimento della ricerca.

Allestimento di Scatti di poesia_X_Centro Polifunzionale degli studenti (Uniba)_ingresso libero_fino al 10 dicembre 2023

Infine, non poteva che essere celebrata a Bari l’unione ideale fra gli immaginari del sanremese Italo Calvino e le poetiche del visibile invisibile. Una così peculiare e inedita ricomposizione inversa delle immagini calviniane come sottolinea Vincenzo Velati nel catalogo che spiega il progetto, in uno scritto dall’emblematico titolo “Caleidoscopio”, non poteva che essere a Bari; la confluenza fra questi fiumi selvaggi e ancora in larga parte inesplorati di immagini in parole e viceversa. 
Città metafisica per eccellenza, che nelle sere autunnali, alle soglie dell’inverno, scioglie i propri chiavistelli, rompe i sigilli a dimensioni insospettabili, dove le geometrie gotiche abbracciano visioni già appartenute ai sogni, dove a ogni angolo di strada splende una madonnina illuminata, drappeggiata come nell’antichità le antiche mani vestivano gli idoli di casa. Gesti millenari che si ripetono uguali nei vicoli delle città del Sud. Dove tutto, infine, nonostante tutto, profuma ancora di poesia.

Fotografie dell’allestimento_Scatti di poesia_X_Bari 2023
Grazie anche al dottor Francesco Giannoccaro, presente all’inaugurazione di Scatti X, tra i collaboratori delle precedenti edizioni, per aver condiviso con me questa sua opera, un volume elegante e prezioso, testimonianza fotografica e letteraria del tempo sospeso della pandemia. Quelle molteplici incomprensioni e forzature che ancora fatichiamo a spiegare, che tuttora sotto diversi aspetti ci condizionano, e che hanno così a fondo sconvolto la nostra quotidianità, sono affidate a una serie di quartine in cui Francesco ha voluto “fotografare” una memoria sfuggente, bifronte, che vive il paradosso di negarsi per potersi pienamente raccogliere.
Bari_di notte

* Fotografie di Claudia Ciardi ©
(E stanotte una parte di me, il mio nome, sarà in mezzo allo scampanio di San Nicola).

* La mostra “Scatti di poesia” è allestita al Centro polifunzionale degli studenti (ex Palazzo delle poste), in Piazza Cesare Battisti 1, a Bari. Visitabile dalle 9:00 alle 19:00, a ingresso libero, fino al 10 dicembre 2023.

* Il catalogo edito per il decennale raccoglie testi e immagini delle mostre allestite dal 2014 al 2023. “Scatti di poesia 2014-2023”, Quorum edizioni, Bari 2023.

* Ricordo dell’inaugurazione