Storie editoriali, sogni di persone

Edizioni storiche Sansoni e Vallecchi_foto di Claudia Ciardi ©

Un libro non è solo ciò che racconta. È fatto anche di una storia che lo precede, spesso anzi di molte storie. Nasce dai sogni di chi intende salvare un messaggio, di chi crede per quella via di contribuire alla rappresentazione del mondo. E poi ci sono intenti, affinità elettive, sintonie caratteriali che si scoprono in corso d’opera, destini che si intrecciano. Idee e persone impegnate a difendere legami, memorie, bellezza. Ogni cosa contribuisce all’impresa, in letteratura, come in arte, come nella musica. Il libro è una straordinaria condensazione di tutte queste sintonie.

Lo scorso autunno Laura Vargiu, divulgatrice infaticabile di letture e scritture, poetessa in organico alla giuria di diversi premi letterari, fondatrice del blog «Il ponte delle parole», ha pubblicato un invito alla riscoperta dei “libri antichi”. Ne è scaturita una riflessione che mi ha fatto nuovamente calcare le orme di alcuni progetti editoriali. Storie che ho avuto modo di vagliare durante le mie ricerche, in fase di collazione testuale o nella ricostruzione dei processi di stampa relativi a un titolo. Sono così affiorate tra le mie mani le vicende di giovani studiosi nell’Italia del secondo dopoguerra, fra Milano e Firenze, ma anche di personalità resistenti mentre il conflitto ancora imperversava. Episodi testimoniati da corposi epistolari nei quali è possibile seguire in dettaglio sodalizi e collaborazioni. La vita piena d’impegno di Lavinia Mazzucchetti, gli incroci, anche sentimentali, fra Cristina Campo e Leone Traverso oppure, andando ancora più indietro, la piccata corrispondenza di un D’Annunzio che lamentava con Fischer le imprecisioni nella traduzione tedesca della propria opera. Alle altisonanti rampogne del vate Fischer replicava sempre composto, misurato. Schermaglie fra signori d’altri tempi. In ciò riemergono le avventurose iniziative di Cederna, Lerici Editore, Ricciardi Editore, Vallecchi, Sansoni.

Riscoperte di Laura Vargiu nella storica collana economica di Rizzoli
A commento delle proposte editoriali di Laura Vargiu


Visionando alcuni dei titoli “antichi” che Laura Vargiu aveva nell’occasione riproposto, sono quindi tornata a pensare al libro come oggetto d’arte; non solo nel senso della rarità e del pregio di un’edizione, ma anche e forse più in quanto deposito evocativo di sensibilità. Del resto, la devozione di Laura per mercatini e piccole botteghe di librai indipendenti mette in luce proprio questa prossimità, le relazioni di un microcosmo sentimentale fatto di luoghi un po’ eccentrici e dei loro altrettanto estrosi custodi-cultori. Questi antri votati alla meraviglia sono vere e proprie isole di collezioni diffuse, snodi dove si riscoprono tesori perduti.

Chi non ricorda i vecchi libri Rizzoli, fra i primi tascabili economici, dalle copertine minimaliste: titolo-autore a caratteri neri su bianco (ingiallito) in carta grezza. I nostri genitori hanno adornato gli scaffali delle loro librerie con questa collana o con i primitivi Oscar Mondadori o con la mitica Medusa (sempre Mondadori). Chi non ha avuto in casa tutto il primo Pavese pubblicato da Einaudi?

Uno sguardo alla Medusa_immagine tratta dal blog di Maremagnum

Scelte editoriali non allineate, inattese, visionarie nella prima Piccola Biblioteca Einaudi

Storie, si diceva all’inizio. Di coloro che i libri li hanno pubblicati e del privato di tanti lettori. Nelle mie più recenti ricognizioni mi sono spesso soffermata su questi contatti emotivi, perché prima del conoscere (e del conoscersi) è il sentire, è l’attrazione per qualcosa che percepiamo somigliante a determinare la scelta di un percorso, un avvicinamento, quel travaso necessario a dar forma concreta all’immaginazione. Perché certe cose ci sollecitano, dunque «si fanno sentire prima di farsi conoscere» (per dirla con Yves-Marie André). È peraltro il tema di un bell’articolo sull’esperienza artistica che mi è capitato di leggere proprio in questi giorni. «All’utilità dell’erudizione son sempre più convinto debba precedere, succedere o accompagnarsi “il compiacimento de’ sensi, e il diletto delle passioni”», conclude l’autore. E infatti, ogni opera creativa non può compiersi né veramente diffondersi senza il più sincero e profondo attaccamento al sogno dell’arte.

Altri rimandi:

Non basta l’erudizione, l’arte deve scuotere i sensi (di Maichol Clemente su «Il Giornale dell’Arte», 1 febbraio 2023)

Uno sguardo alla Medusa (sul blog di Maremagnum)

Johann J. Bachofen – Il popolo licio (su un’edizione storica Sansoni)

In questo sito, la pagina dedicata ad alcuni miei percorsi nell’editoria: Mappe editoriali

Tra gli ultimi articoli dedicati da Laura Vargiu alle mie pubblicazioni si segnalano:

Hermann Broch e il suo “Il ritorno di Virgilio”

“Muor giovane colui ch’al cielo è caro”: in ricordo di Georg Heym

In ricordo di Konstantinos Kavafis: l’importanza delle parole

Un tempo di natura prima che il tempo finisca

Il titolo dell’ultimo lavoro di Michele Pellegrino è più che eloquente e getta uno sguardo sul rischio di una perdita definitiva. L’essere umano infatti sembra vicino, come mai in passato, alla fine dei tempi. Il Novecento ha affilato le sue armi – armi terribili, congegnate per la distruzione di massa – attraverso cui molte stragi e devastazioni ha messo in atto. Nonostante l’umanità sia rimasta così a lungo sospesa sul baratro, tanto da pensare che avesse fissato nella propria mente ogni più atroce efferatezza che lì sia avvenuta, anziché prenderne le distanze pare ancora oggi esserne fatalmente condizionata.

Può darsi che questa sensazione di fine dei tempi sia stata anche delle generazioni che ci hanno preceduto. Certo, la seconda guerra mondiale dev’essere apparsa alla maggior parte come un’apocalisse, di sicuro la sua immagine terrena meglio riuscita.

La raccolta del grande fotografo piemontese appena pubblicata da Mondadori-Electa è una struggente riflessione sulla labilità, lo scivolamento che si va consumando, una caduta che si direbbe inarrestabile ma pure reca in sé la traccia per un’inversione di rotta. Basterebbe tanto poco, ad esempio iniziare ad ascoltarsi e posare gli occhi sull’incanto della natura, per volgere in meglio le nostre energie così disperatamente rivolte all’autodistruzione.  

Le Langhe, terra madre di Pellegrino, possono dirsi un osservatorio d’elezione per ragionare intorno a questo tema, in cerca di una risposta che forse sa un po’ di oracolo, non nel senso dell’infallibilità che agli oracoli si accompagna, piuttosto per l’intuizione e la limpidezza che viene da certe voci.

In una prossimità emotiva che attiene anche ai miei percorsi di scrittura fin qui intrapresi, si segnala la citazione dello studio su Paula Modersohn-Becker nelle note che introducono a questo lavoro. Le iniziative che in alcune zone del Piemonte – e non soltanto qui – si stanno portando avanti sia in architettura che nelle arti (recupero delle borgate, progetti di comunità, partecipazione di diverse personalità creative ai lavori di studio e ricerca per la loro realizzazione) rimanda, pur in contesti diversi e in una fase storica mutata, ai collettivi fondati in diversi luoghi d’Europa fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento – a partire dalle esperienze antecedenti di Barbizon – accomunati dal desiderio di un ritorno a un più autentico rapporto con la natura.

Si riporta integralmente la nota in oggetto con riferimento a Paula Modersohn-Becker e a uno spirito culturale che merita senz’altro di essere approfondito anche alla luce della complessa fase storica che stiamo attraversando.  

«È peraltro uno dei grandi temi dell’arte ottocentesca, dal romanticismo al neogotico, che nella radice romantica ha trovato nutrimento. Le comunità o colonie artistiche da Barbizon in poi, passando per Pont-Aven, fino ad arrivare a Murnau, Sylt, Worpswede nacquero come ritiri alla ricerca di un più genuino rapporto fra natura e persone. Si veda a proposito di questi intrecci una personalissima declinazione espressa in pittura da Paula Modersohn-Becker, illustrata dal saggio di Claudia Ciardi, Ut pictura poësis. Arte, parola e metamorfosi di Paula Modersohn-Becker, rivista «Incroci», semestrale di letteratura e altre scritture, numero 45, anno 2022, pp.118-131».

Peraltro in contiguità con l’approfondimento dei rapporti su letteratura ed arte, nel cui ambito questa trattazione ha posto in rilievo lo scritto di Elsa Morante su Beato Angelico.

Dalla prefazione di Daniele Regis, La poetica della luce, p. 27 (note 28 e 29) in Michele Pellegrino, Prima che il tempo finisca, Mondadori-Electa_Photo, 2022, edizione bilingue (italiano-inglese).


Si rimanda alla scheda della pubblicazione:
https://www.electa.it/prodotto/prima-che-il-tempo-finisca/