Un tempo di natura prima che il tempo finisca

Il titolo dell’ultimo lavoro di Michele Pellegrino è più che eloquente e getta uno sguardo sul rischio di una perdita definitiva. L’essere umano infatti sembra vicino, come mai in passato, alla fine dei tempi. Il Novecento ha affilato le sue armi – armi terribili, congegnate per la distruzione di massa – attraverso cui molte stragi e devastazioni ha messo in atto. Nonostante l’umanità sia rimasta così a lungo sospesa sul baratro, tanto da pensare che avesse fissato nella propria mente ogni più atroce efferatezza che lì sia avvenuta, anziché prenderne le distanze pare ancora oggi esserne fatalmente condizionata.

Può darsi che questa sensazione di fine dei tempi sia stata anche delle generazioni che ci hanno preceduto. Certo, la seconda guerra mondiale dev’essere apparsa alla maggior parte come un’apocalisse, di sicuro la sua immagine terrena meglio riuscita.

La raccolta del grande fotografo piemontese appena pubblicata da Mondadori-Electa è una struggente riflessione sulla labilità, lo scivolamento che si va consumando, una caduta che si direbbe inarrestabile ma pure reca in sé la traccia per un’inversione di rotta. Basterebbe tanto poco, ad esempio iniziare ad ascoltarsi e posare gli occhi sull’incanto della natura, per volgere in meglio le nostre energie così disperatamente rivolte all’autodistruzione.  

Le Langhe, terra madre di Pellegrino, possono dirsi un osservatorio d’elezione per ragionare intorno a questo tema, in cerca di una risposta che forse sa un po’ di oracolo, non nel senso dell’infallibilità che agli oracoli si accompagna, piuttosto per l’intuizione e la limpidezza che viene da certe voci.

In una prossimità emotiva che attiene anche ai miei percorsi di scrittura fin qui intrapresi, si segnala la citazione dello studio su Paula Modersohn-Becker nelle note che introducono a questo lavoro. Le iniziative che in alcune zone del Piemonte – e non soltanto qui – si stanno portando avanti sia in architettura che nelle arti (recupero delle borgate, progetti di comunità, partecipazione di diverse personalità creative ai lavori di studio e ricerca per la loro realizzazione) rimanda, pur in contesti diversi e in una fase storica mutata, ai collettivi fondati in diversi luoghi d’Europa fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento – a partire dalle esperienze antecedenti di Barbizon – accomunati dal desiderio di un ritorno a un più autentico rapporto con la natura.

Si riporta integralmente la nota in oggetto con riferimento a Paula Modersohn-Becker e a uno spirito culturale che merita senz’altro di essere approfondito anche alla luce della complessa fase storica che stiamo attraversando.  

«È peraltro uno dei grandi temi dell’arte ottocentesca, dal romanticismo al neogotico, che nella radice romantica ha trovato nutrimento. Le comunità o colonie artistiche da Barbizon in poi, passando per Pont-Aven, fino ad arrivare a Murnau, Sylt, Worpswede nacquero come ritiri alla ricerca di un più genuino rapporto fra natura e persone. Si veda a proposito di questi intrecci una personalissima declinazione espressa in pittura da Paula Modersohn-Becker, illustrata dal saggio di Claudia Ciardi, Ut pictura poësis. Arte, parola e metamorfosi di Paula Modersohn-Becker, rivista «Incroci», semestrale di letteratura e altre scritture, numero 45, anno 2022, pp.118-131».

Peraltro in contiguità con l’approfondimento dei rapporti su letteratura ed arte, nel cui ambito questa trattazione ha posto in rilievo lo scritto di Elsa Morante su Beato Angelico.

Dalla prefazione di Daniele Regis, La poetica della luce, p. 27 (note 28 e 29) in Michele Pellegrino, Prima che il tempo finisca, Mondadori-Electa_Photo, 2022, edizione bilingue (italiano-inglese).


Si rimanda alla scheda della pubblicazione:
https://www.electa.it/prodotto/prima-che-il-tempo-finisca/

Circumnavigarte

La scelta non poteva cadere su un’immagine più felice. Swanbook e “Il Sirmionelugana” attraverso l’antologia dei poeti vincitori, premiati e menzionati del 2022 rendono omaggio all’idea della navigazione, metafora longeva e potentissima, per una lode alle arti che ha il suo centro nella riviera gardesana.
Un battello che salpa dalle acque del lago per unire idealmente mondi, energie, aspettative, simbolo di pace e di rinnovata (e ritrovata) creatività.
Fra gli autori che la giuria ha ritenuto meritevoli di essere premiati, il libro contiene tre delle mie poesie in concorso.


L’antologia è disponibile in prevendita sul sito della casa editrice e nei principali canali dedicati alla distribuzione editoriale.

* Il Sirmionelugana 2022, AA. VV., antologia del Premio letterario, Swanbook, 2022, ISBN 979-10-80357, € 11,00

Si veda anche: Navigazioni d’arte e poesia

La crisi energetica e la fine delle illusioni di massa

“Tempête de Neige” exposé en 1842 de J.W. Turner // Snow Storm – Steam-Boat off a Harbour’s Mouth making Signals in Shallow Water, and going by the Lead


Il viaggio di massa è una pia illusione della nostra epoca mistificatoria. Eh, sì, a quanto sembra stiamo trascorrendo le vacanze più care da cinquant’anni a questa parte. Ma diciamoci la verità, il tanto sbandierato low-cost, destinato a movimentare legionari con poco tempo a disposizione in cerca di traiettorie turistiche, non è mai stato, neppure quello, alla vera portata di tutti. Tutti, come mi ripeteva la mia professoressa d’italiano al liceo, non vuol dire un bel nulla. Il tutti amato da certa sinistra autoreferenziale ed elitarissima è una categoria sbrigativa e furbina che non definisce nessun soggetto e oggetto al suo interno – anzi è per lo più un interno destinato a restar vuoto. Adesso pure scaduto.

Che il meccanismo si è rotto, ce lo mostrano i tanti crescenti disservizi che condizionano il nostro quotidiano. A partire dal trasporto pubblico locale – aumenti pesanti nella bigliettazione di bus e metro – un extraurbano valido per circa un’ora di viaggio ormai costa da 2,60 euro a 3,50 euro – settore che sconta tagli netti in termini di corse e tratte servite. Eppure, si era annunciato che bisognava in ogni modo incentivare le persone a utilizzare di meno la macchina, perché siamo a un punto di non ritorno e stiamo letteralmente morendo d’inquinamento. Il dopo covid, si diceva, sarebbe stato il periodo della presa di coscienza, del cambiamento delle nostre abitudini. Ma in Italia il costume di regalare la macchinina nuova al nipotino neodiciottenne evidentemente non tramonterà mai! Chi non può si arrangi! Questo costume influenza anche i colloqui di lavoro, ma nessuno lo dice: lei è automunito? Eh, allora…

L’unica cosa che negli ultimi tre anni ha scandito le riaperture (un pendolo delirante che mi domando come sia stato possibile accettare senza una vera protesta), l’unica aspettativa nutrita con assoluta enfasi, è stato l’agognato pronti-partenza-via; di anno in anno, a dispetto di una pubblicistica alquanto incoerente e fastidiosa, in tono sempre minore. Fatichiamo, ma mostrarsi funamboli sull’orlo del baratro è stato impagabile!

Si era detto, facciamo uno sforzo, rinunciamo a qualcosa di ciò che nutre il nostro sconfinato egoismo… Ora ci troviamo a mettere in conto gli scioperi a tappeto nel settore EU dei trasporti, riflesso della situazione di disagio appena descritta, e se si aggiungono i danni da meteo tropicalizzato, non so dove andiamo. Avremmo pur potuto fare una riflessione. E invece, aeroplanino low-cost (che low-cost non era più già prima del covid), tanto per le bassissime aspirazioni che orientano il nostro vivere va benissimo, ancora un po’ d’inquinamento massivo a corroborare gli eventi, ed ecco la felicità a prezzo di favore, almeno così sembra. Nella finzione che quello che si sta preparando, anche in termini di tempesta economica alle porte – per non dire della guerra, ma noi ora siamo in vacanza – non ci sia o non ci toccherà. Perché certe persone presumono ancora di non essere in alcun modo toccate.

Buon per chi sta affrontando (all’apparenza!) con disinvoltura tutte le voci di spesa al rialzo (mezzi di trasporto, bollette, rate, tasse…). Fosse solo un problema di villeggiatura. Certuni sembra che vivano su Marte – non scossi dai problemi, puntualmente aiutati, sostenuti… Del resto, è da tanto che si pensa a Marte anziché alla Terra. Infatti, che vogliamo che sia. Un po’ di raffiche di vento tra i 140 e i 220 km/h, tanto siamo su Marte.

Una sera a Padova, poco prima dell’inizio di questa torrida estate, mentre camminavo in centro, dopo un pomeriggio di afa anomala, si è alzato un vento pauroso. È stato un fenomeno repentino che, se avesse investito la città con più forza, avrebbe provocato danni e feriti. Nonostante mi fossi subito messa in cerca di un riparo, quando ci si trova nel bel mezzo di una cosa del genere – e mi è già capitato altrove sia in montagna che in città – si hanno solo pochi secondi a disposizione. C’è da sperare di non essere in un luogo troppo aperto o che il fenomeno perda presto d’intensità. Il mattino seguente ho visto le immagini della devastazione nella campagna veneta, dove quel vento si era abbattuto con molta più foga. Decine di cedri secolari erano stati sradicati e scagliati via, come fossero ramoscelli.

In tutta sincerità, con i problemi che si abbatteranno su di noi tra non molto, preferisco aver vicini i miei miseri terrestri, che hanno avuto le loro umane difficoltà dovute a tre anni di chiusura, al caro tutto, ai regressi che questa indicibile situazione ha comportato nelle vite di ognuno. Nel frattempo, anziché continuare con i castelli in aria, hanno capito un po’ più di cose e perciò sono in grado di ragionare sulla vita in modo più obiettivo e sincero. Agli altri dico, vi prego, non consigliatemi “il metodo” Ryanair, le vacanzine striminzite, e in generale un qualcosa che non c’è più e che a voi sembra ancora durevole, e peggio ancora, fattibile. Finalmente, timidamente, qualcuno ha detto che così non si riuscirà più a spostarsi, prevedendo al contrario l’aumento di treni per i collegamenti in tutta Europa e fuori dal continente. Nel futuro del mondo, se vorremo che ci sia un futuro, bisognerà ritrovare ritmi lenti, bisognerà saper assimilare e rispettare lo spazio che attraversiamo, se vogliamo inquinare di meno e trarre una vera esperienza da ciò che visitiamo, dove andiamo a mettere i nostri piedi che sono il primo strumento di contatto con la terra. Il che implicherà anche una rivoluzione nel lavoro, con maggior attenzione ai tempi di riposo del lavoratore; i lavoretti, lo sfruttamento brado del personale nei servizi, il falso low-cost, nell’attuale quadro non hanno esiti.
Per quanto mi riguarda, coi Marziani non ci parlo più da tanto – a fine conversazione, non c’è mai vero scambio e ci si allontana da loro sentendosi sempre inadeguati, sbagliati e stupidi. A maggior ragione adesso! E tuttavia, poveri i miei transfughi, che tra qualche settimana saranno costretti a tornare sulla terra e a restarci per molto tempo.