Io sono molte

Si dice “intuito femminile” ed è chiara in questa espressione l’idea di presentimento e poesia associata alla natura delle donne. Spesso l’arte le rappresenta come figure sacre, siano religiose, profetesse o guaritrici, ritenute depositarie di poteri in grado di allieviare, strappare alla sofferenza, medicare o risanare.

Pre-sentimento è ciò che si sente prima, il vago presagio che annuncia qualcosa e che si fa strada in noi senza percorrere le vie logiche. Un sentire che non si lascia afferrare né decifrare compiutamente ma c’è. Per natura la donna pare più incline ad accogliere in sé questi segnali e a riconoscerli in ciò che si muove intorno a lei.

Se è vero, come è vero, che l’intelligenza senza la sensibilità non porta lontano, il femminile sembra consacrato all’unione di questi due aspetti perché esprimano al massimo grado la loro forza vitale. 

Avvolte in rossi panneggi, simbolo di audacia, passione, sensualità, fra libri e oggetti magici, la pittura ne celebra il mistero e i tesori che portano nel mondo come ritratti di Sibille e regine, maghe o artiste.

Il rosso e il bianco, la veste scarlatta, il candore dei turbanti, il sangue e il marmo, il cuore offerto alla poesia, le venature della pietra.

Opere diverse per epoca, stile e soggetto, eppure attraversate da una vibrante energia che anima un immaginario comune e longevo.

Orazio Gentileschi, Ritratto di giovane donna come Sibilla (1620 circa), la modella del dipinto è sua figlia, Artemisia Gentileschi.
Dalla mostra genovese “Artemisia Gentileschi. Coraggio e passione”, 2023-2024
Fotografie di Claudia Ciardi ©

Ginevra Cantofoli (Bologna, 1618-1672), la pittrice delle Sibille

  1. Diego Velázquez, Sibilla con Tabula Rasa,1648, Meadows Museum, Dallas, Texas; 2. Dettaglio della Sibilla Libica (The Libyan Sibyl, 1867) di William Wetmore Story, scultore statunitense morto a Vallombrosa


Il mio libro di poesia dedicato a questi temi, “Umana Sibilla”, pubblicato da SETART edizioni, Aprile 2025

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With the good omen of the Sibyls!

«Sposterò ogni pietra», frammento 4.22 Adler

«Sposterò ogni pietra», frammento 4.22 Adler [numero 109 nella raccolta
di Parke e Wormell]

L’oracolo è voce e sentiero. Il verbo è il medesimo utilizzato da Archimede: anche lui desiderava scuotere il mondo attraverso l’immaginazione, affidandosi al potere del calcolo e della mente. Il XIV libro dell’Antologia Palatina raccoglie gli oracoli delfici accanto a enigmi, indovinelli, proverbi. Espressioni contigue e tenaci scaturite dalle millenarie fonti della cultura orale, e perciò degne d’ascolto.

Mentre assistiamo alle improbabili acrobazie dei nuovi dei, mentre qualcuno vorrebbe farci adoratori dei nuovi culti, la parola antica ci insegna a prendere le distanze, indica un approdo sicuro, risveglia la sensibilità calpestata. È la sostanza che non vacilla, il basolato che gli antenati scelsero per lastricare le loro strade, è il sasso levigato dal torrente nel respiro della montagna, la pietra che mani sapienti incastrano con l’altra pietra per tirare su i muri a secco a protezione dei campi. 

Nelle fiabe degli antichi l’oracolo è l’inflessione divinante, la cadenza, la pura risonanza. Muti gli interpreti, sigillati i templi, su troppi luoghi il silenzio è sceso per far posto a idoli falsi e ignoranti. Anche sulle nostre stesse pagine, che per noi si legavano nel più sacro dei libri. Così i cattivi consiglieri hanno tentato il loro assalto. Ma la parola tace solo in apparenza. S’interra la parola, come seme, come sguardo che riposa. E in quel riposo vive, sensibilmente giace prendendo coscienza. Corpo in attesa della guarigione. Dicono il tesoro sia sepolto nel recinto della tenda: sposta ogni pietra! Metti in opera ogni arte, assimila ogni intento, sii forte, l’autentico non tarderà a mostrarsi.

Nicholas Roerich