Proveniente dal persiano, dove alla lettera significa “angolo” o “canto”, ma indica un padiglione o una casetta da giardino, dall’Egitto alle regioni islamiche sino all’Inghilterra, kusk (in italiano “chiosco”) è una radice comune a molte culture, tra loro lontane. Mantenendo sempre lo stesso significato, nella lingua turca kusk si è trasformato in kjosk, kösk, köshk. Nel XVIII secolo la parola turca kjosk entrò nell’uso francese nella forma kiosque, dopo come Kiosk nel tedesco e in forma simile nelle altre lingue europee. Ampliando nel tempo la sua natura semantica a “casetta adibita alla vendita di cibo e giornali nelle grandi città”, si può dire che oggi chiosco sia una delle parole culturalmente più unificanti al mondo.
Ogni flâneur che si rispetti ha il suo chiosco di fiducia.
« Così la neve al sol si disigilla;
così al vento ne le foglie levi
si perdea la sentenza di Sibilla »
Dante, Paradiso, Canto XXXIII, 64-66« Il principe che ascende al potere con il sostegno del popolo deve conservarselo amico, e ciò gli sarà facile, perché il popolo chiede soltanto di non essere oppresso » Niccolò Machiavelli, Il Principe, IX, 4
«Cuore greco-berlinese. Il vento mi convertì alla letteratura».
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